Bruco di Acherontia atropos. Foto di Andrea Mangoni.

Ci sono delle creature che decisamente sembrano raccogliere e rappresentare meglio di altre lo spirito e le stravaganze macabre di Halloween, l'alloctona festa anglosassone che sembra aver conquistato il cuore di tanti italiani. Ed in questi giorni mi sono trovato ad avere a che fare con un paio di loro. Così, anche se Halloween di per sè non mi piace, l'occasione era troppo ghiotta, e voi, da bravi, vi beccate due post su questi "signorini" in maschera.

Domenica scorsa, telefonata di un amico: "Ho trovato un bruco di sfinge testa di morto, vuoi fotografarlo?"

Per onor di cronaca, l'ultimo pezzo della frase non me l'ha davvero detto, ma sappiate che se mi telefonate per dirmi che avete trovato un bruco di sfinge (o qualche altra affascinante creatura) io leggerò sempre come sottotitolo "vuoi fotografarlo?" e mi comporterò di conseguenza. Regolatevi.

Bruco di Acherontia atropos. Foto di Andrea Mangoni.Così, la mattina dopo di buon ora sono lì per fotografare l'animale. Ho già avuto modo anni fa di allevare per qualche tempo alcune Acherontia atropos, la sfinge testa di morto, ed il bruco allo stadio finale era qualcosa di... superbo. Giallo limone, con sette strie inclinate blu-violette a segnargli il dorso, due bande nere sugli occhi ed un cornetto aranciato coperto di tubercoli bianchi sul didietro: un quadro di Picasso esploso tridimensionalmente. Purtroppo, l'esemplare individuato dal mio amico era oltre l'ultimo stadio... era a quel livello in cui avrebbe dovuto trovarsi sotto una spanna di terra a costruire il proprio bozzolo. Era meno turgido, meno grosso e soprattutto meno colorato. Ma meritava comunque di essere mostrato. Ora sta riposando nella sua cella sotterranea, in attesa della primavera.

La testa di morto è una delle più grandi falene del nostro Paese, potendo raggiungere un'apertura alare di 14 cm. Prende il nome dal disegno presente sulla peluria del torace, che somiglia vagamente ad un teschio umano. A causa di questa coincidenza, e del fatto che, se afferrata, essa produce uno strano squittio, la testa di morto divenne nel medioevo incarnazione pura del male. Si diceva addirittura che sussurrasse all'orecchio delle streghe il nome di chi sarebbe morto di lì a breve. Come se non bastasse, Thomas Harris la utilizzò come simbolo nel suo thriller "Il silenzio degli innocenti"..... proprio un perfetto animale da Halloween! In verità, le uniche creature che possono davvero temere questo lepidottero sono le api: infatti esso penetra negli alveari e, con la suo proboscide corta e spessa, perfora le cellette opercolate e ruba il miele. La fitta peluria le permette spesso di uscire incolume dalle sue scorrerie, ma più di qualche apicoltore ne ha trovato il cadavere mummificato nell'arnia, uccisa dalle punture delle api.

I grossi bruchi vivono sulle solanacee e sulle oleacee, e possono mostrarsi in un paio di generazioni all'anno. A fine sviluppo scavano nel terreno una galleria, al termine della quale costruiscono una cella dalle pareti levigate in cui avviene la trasformazione in crisalide. Questa, dopo un paio di settimane (se estate) o dopo il lungo inverno, darà vita ad una nuova generazione di piccoli banditi alati.

Esemplare adulto di Acherontia atropos. Foto tratta da www.wikipedia.org.
Esemplare adulto di Acherontia atropos. Foto tratta da Wikipedia.
Una caponàra sapientemente intrecciata. Foto di Andrea Mangoni.
La grandezza dei nostri nonni spesso stava nel saper sfruttare al meglio il poco a loro disposizione per poter ottenere i migliori risultati con il minor spreco possibile. L'avicoltura di un tempo non faceva eccezione: poche certezze, tanto lavoro, e tantissimo ingegno. Così, nelle lunghe sere invernali si fabbricavano davanti al fuoco quegli strumenti che sarebbero stati indispensabili l'anno successivo.
Tra questi, uno dei più utili era la cosiddetta caponàra, quella che in Romagna si chiamava e cròin (grazie, Pierins!) e che in Toscana ed in altre parti d'Italia veniva chiamata stìa. Si trattava, in pratica, di una grossa gabbia circolare di rami intrecciati, che serviva a lungo ed in maniere diverse per l'allevamento dei pulcini.
Quando la chioccia era lasciata libera di razzolare in campagna col suo seguito di pulcini, il rischio reale era che si spostasse troppo, facendo sì che i piccoli si andassero a stancare. La contadina (perchè di solito erano le donne ad occuparsi dei polli) allora metteva la chioccia dentro la caponàra. Le maglie di questo attrezzo, troppo larghe per lasciar passare la gallina adulta, lo erano invece abbastanza per permettere ai pulcini di scappare fuori a becchettare erba, insetti e sementi, dando loro modo di tornare a piacimento sotto le ali della mamma al primo richiamo di quest'ultima. Non appena, invece, i piccoli erano robusti e forti da poter scorrazzare liberamente, all'interno della caponàra finiva un piattino con il mais tritato destinato ai pulcini. Così i polli adulti non sarebbero stati in grado di arrivare a mangiarlo, mentre i pulcini ce l'avrebbero fatta senza problemi di sorta passando attraverso le sbarre.
Infine, quando i pulcini erano oramai diventato dei grossi pollastrelli, la caponàra svolgeva un ultimo compito: una volta aggiuntole un fondo, diventava un'eccellente gabbia in cui mettere i vari avicoli da portare a vendere al mercato. In questo modo, e con la vendita delle uova, tante massaie potevano ricavare il necessario per la spesa in tempi di grande miseria. E se lo potevano fare, era anche grazie a questo ingegnoso strumento.
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Oggi questi attrezzi sono solo dei preziosi elementi decorativi per la casa di campagna, diventati rari a causa della mancanza di persone dotate delle conoscenze per realizzarli. La caponàra o stìa della foto è stata realizzata da un maestro nell'intrecciare salici e rami di altre essenze: Roberto Bottaini, esperto nel realizzare cesti della tradizione toscana. Potrete contattarlo a robertobottaini@yahoo.it, così come potrete ammirare altri suoi lavori nel suo sito personale, in cui egli spiega anche alcune delle tecniche di intreccio alla base dei suoi lavori. Non mancate di visitarlo!
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AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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La veilchenblau in fiore. Foto di Andrea Mangoni.

Cambiare punto di vista, a volte, è illuminante. Anche quando si tratta di strade. Alcuni anni fa percorrevo una via alternativa a quello che era il mio tragitto usuale, quando all’improvviso rimasi meravigliato di fronte ad una antica villa restaurata. Il colore giallo chiaro dell’intonaco del muro si armonizzava col verde bosco degli infissi. Ma quello che più mi aveva colpito era il muretto di cinta: anch’esso giallo, era sovrastato da una ringhiera dalla quale fuoriusciva una vera cascata di fiori del più incredibile viola.

Un ramo di veilchenblau fiorito. Foto di Andrea Mangoni.Mi avvicinai per capire di che pianta si trattasse, e mi accorsi con stupore che si trattava di una rosa. Non ne avevo mai viste di simili: era di color viola intenso, che in qualche fiore virava al blu, con gli stami gialli ed i petali screziati di bianco puro. Prima di allora non mi ero mai interessato di rose, se non per qualche timido tentativo di reperire alcuni esemplari di rosa canina; ma quella pianta mi aveva davvero rapito. Passato lo stupore, presi un fiore e lo portai con me per cercare di capire a quale varietà appartenesse, e dopo qualche ricerca su internet scoprii che si trattava di una veilchenblau, rosa sarmentosa rampicante, selezionata nel 1909 da Kiese. La villa era, purtroppo, chiusa; qualunque possibilità di avere qualche informazione in più sulla pianta, che da fuori sembrava notevolissima, era quindi remota. Ma decisi di tentare comunque la sorte e nei giorni successivi ripercorsi ancora quella strada, fino a che una mattina non trovai al lavoro il giardiniere del palazzo. Era una persona estremamente cortese, ma purtroppo non sapeva dirmi molto di più sulla pianta, se non che i proprietari asserivano fosse stata messa a dimora molto tempo prima… quasi un secolo.

L'enorme tronco alla base della veilchenblau ne testimonia l'età. Foto di Andrea Mangoni.Se quanto mi diceva il giardiniere era vero, essa avrebbe potuto essere una delle primissime piante importate in Italia di quella varietà! La mia faccia doveva essere assolutamente sbigottita, perché l’uomo si accorse subito della mia incredulità e mi fece entrare per vedere la rosa nella sua interezza. Evidentemente, il mio stupore era destinato ad essere solo agli inizi: infatti davanti a me si trovava la pianta di rose più colossale che avessi mai visto. Il diametro del tronco, alla base, oscillava tra i 35 ed i 40 cm; l’altezza dell’intera pianta, parzialmente rampicante, era di circa 3 metri e mezzo. Il giardiniere stava effettuando, guarda caso, proprio una potatura leggera della pianta, che aveva subito dei danni dopo un temporale. Gli chiesi quindi un ramo di quella magnifica pianta, per provare a farne una talea, entrando così di diritto nel mondo delle rose. Certo non era la stagione ideale, ed infatti delle tre talee che ricavai dal ramo solo una attecchì.

Il fiore della veilchenblau. Foto di Andrea Mangoni.Dovetti attendere due anni prima di vedere il primo fiore, ma ricordo ancora l'emozione. Era piccolo e bellissimo. Purtroppo, solo quest'anno la mia pianta ha potuto finalmente essere trapiantata a dimora... è rimasta a casa dei mie genitori, nel giardino della mia infanzia, accanto al pozzo. Lì, da vera rambler, potrà intrecciarsi al ferro battuto e fare sfoggio una volta di più della sua meravigliosa fioritura. I lunghi steli quasi privi di spine portano mazzolini di fiori dal profumo dolce e fruttato. Secondo me è davvero perfetta per il cottage garden, con la sua aria di aristocratica antichità. Come tante delle varietà di rose di un tempo, veilchenblau fiorisce una sola volta l'anno; ma è uno spettacolo davvero meraviglioso, che vale completamente l'attesa.

La rosa viola nella sua villa antica. Foto di Andrea Mangoni.
Fiori di Viola canina. Foto di Andrea Mangoni.

Avevo già avuto modo di parlare delle viole. Ma con l'autunno, forse un po' inaspettatamente, mi è tornato voglia di farlo. A far scattare la molla è stata una piccola scoperta, il fatto d'aver visto per la prima volta una cosa di cui avevo solo letto.

Pochissimi giorni fa, passeggiando lungo il grande muro di una vecchia villa patrizia, ho trovato diverse piante di una viola dalle foglie stranamente grandi, per gli standard cui sono abituato. Avrei potuto scommettere che si trattasse di Viola odorata, ma valeva la pena raccogliere un paio di piantine... hai visto mai che fossero i cloni - eredi di quelle viole che facevano scintille nel XIX secolo?? Ma raccogliendo una pianticella ed osservandola, mi sono reso conto di una cosa: vicino alla radice c'erano due fiori dallo stelo cortissimo, chiusi come scrigni.

I fiori secondari di una Viola odorata carichi di semi... Foto di Andrea Mangoni.

Mi ci sono voluti pochi secondi per capire che di capsule di semi si trattava, e più o meno lo stesso tempo per ricordare quanto letto in un vecchio libro: i semi delle viole come la viola mammola si possono trovare a fine estate. Se ci pensate, avete mai davvero visto, in primavera, delle viole che mostrino capsule di semi a fine stagione? Io mai. Il motivo pare risieda nella precocità della fioritura, che avviene quando la maggior parte degli impollinatori sono assenti. Vista la scarsa efficacia a fini riproduttivi delle nostre profumate violette, le piante in questione si attrezzano in altro modo: da un lato, facendo crescere tanti cloni tramite gli stoloni; dall'altro, producendo in tarda estate fiori secondari, quasi a livello del terreno, che hanno la caratteristica di autoimpollinarsi. Come si vede nell'ultima foto, tali fiori producono pochi, grossi semi che possono essere facilmente raccolti e piantati direttamente a dimora in autunno imoltrato, sempre che non si voglia lasciare a Madre Natura il compito di occuparsene.

Il fiore doppio della viola d'Udine. Foto di Andrea Mangoni.Quest'anno, poi, sono davvero stato affascinato da queste piante. Ho scoperto che nel XIX secolo erano fiori di gran moda, coltivati in serra per anticiparne la fioritura, durante l'inverno, e che la creazione di nuove varietà era una pratica consolidata. Così, vecchie riviste e internet alla mano, ho cercato alcune antiche varietà per il mio giardino. Alla fine ho optato per tre differenti varietà di Viola odorata: la viola d'Udine, a fiore doppio, viola scuro e profumatissimo; la conte di Brazzà, simile alla precedente ma candida; ed infine la coeur d'Alsace, a fiore semplice e di color rosa, tra il ciclamino e il confetto. Tre differenti bellezze da far attecchire in una aiuola fresca e ombreggiata, dove spero di poterne godere le fioriture in primavera.

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Recuperare le vecchie varietà di fiori spesso non è facile; io ho trovato queste cultivar presso il vivaio Susigarden, di Aiello del Friuli. I proprietari hanno una vera passione per queste piantine, e ne hanno una magnifica collezione. Contattateli con fiducia!

...e una capsula socchiusa per mostrare i semi al suo interno. Foto di Andrea Mangoni.
Aries, figlio di Polluce. Foto di Marco Andreotti.

E' di nuovo arrivato l'autunno. Le galline smettono di deporre, i galli sono più tranquilli, e alla fine della stagione si tirano le somme di un anno di allevamento. Che dire? Beh, non è stato l'anno migliore in assoluto. Anzi. Ma rimane ancora qualcosa da salvare. Vale la pena andare con calma...

Polluce-Pippo durante un concerto. Foto di Andrea Mangoni.Partiamo dal gruppo di riproduttori principale. Gli adulti ancora in vita del mio allevamento hanno visto la morte di due delle vecchie femmine, Titta e Tea. Polluce si è rivelato un ottimo riproduttore, con una percentuale di uova fecondate superiore al 90%. In compenso, purtroppo, l'età avanzata (minimo 4 anni) delle galline ha fatto sì che moltissimi embrioni siano morti nell'uovo, circa il 40%. I nati si sono rivelati robusti, con una crescita davvero veloce, e a parte due casi di perosi non hanno mostrato segni di malattia alcuna. In compenso, di tutti i nati in primavera si sono salvati solo tre esemplari, due dei quali successivamente ceduti. Perchè? Perchè gli altri sono stati massacrati dai ratti, che li uccidevano persino dentro le gabbie, e debilitati dagli acari ematofagi, che quest'anno sono stati una vera piaga. Insomma, un disastro. Le incubate autunnali sono andate ugualmente male, ma per altri motivi: le uova in incubatrice sembravano trasudare tuorlo marcio. Alla fine, tra settembre ed ottobre sono nati due pulcini, che adesso stanno crescendo abbastanza bene. Al gruppo di riproduttori si è infine aggiunto un incrocio, sempre proveniente dal ceppo Rossetto, che può vantare 1/8 di sangue Polverara, 1/2 sangue di gallina di tipo Italiana Comune e 3/8 di Padovana Gran Ciuffo. Sono ancora molto indeciso se utilizzare questa gallina o meno nelle riproduzioni del prossimo anno, ma ha orecchioni candidi, nessun accenno di ernia cerebrale e nonostante la taglia piccola ha una massa piuttosto notevole. Insomma, alla fine rimangono, come riproduttori puri per il prossimo anno, il gallo Polluce (Pippo per amici e nemici) e le galline Circe, Medessa, Irene e Gigia; inoltre ci sono la vecchia Rose, incrocio di prima generazione con Italiana Comune, sua figlia Ines, nata da Polluce, e la Berta, l'incrocio ultimo arrivato. Da valutare se aggiungere a questo gruppetto anche Nera, la vecchia Polverara di ceppo commerciale che per prima acquistai nel 2006.

Ma quest'anno ha visto la nascita di un secondo gruppo di riproduttori! Marco e Davide, due allevatori di Camposampiero, si sono presi alcuni dei mie capi. Oltre alla Nerina Jr, figlia della storica Nerina e di Briareo, stanno allevando una figlia di Polluce e Medessa, nata con pochissimo ciuffo, ma con tutte le altre caratteristiche della Polverara assolutamente eccellenti, e Greta, sorella di Polluce e Gigia. Ma soprattutto hanno un gallo bianco, Aries, sempre figlio di Polluce, che si sta rivelando un animale gagliardo e robusto: alla bell'età di 4 mesi e mezzo (è nato il 16 maggio!) aveva già iniziato a cantare! Una bella differenza tra questo ceppo e certi di quello commerciale, in cui i maschi iniziano a sviluppare la propria maturità sessuale verso l'ottavo-nono mese!

Briareo, incrocio tra Padovana e Polverara. Foto di Andrea Mangoni.Briareo, incrocio di prima generazione tra Polverara Rossetto e Padovana Gran Ciuffo, continua a prosperare nell'allevamento di Marco, nel mantovano. Ha avuto prole accoppiandosi con galline di altre razze, mentre si è in attesa che si riproduca con una vecchia Polverara bianca di ceppo commerciale.

Castore, incrocio di seconda generazione e fratello di Polluce, ceduto con due Polverara commerciali ad un allevatore di Sambruson, ha sfornato una serie di bei capi dalla crescita abbastanza buona; rimane da fare una notevole selezione, perchè molti mostrano tracce di doratura nella livrea, dovuti alle ascendenze paterne (Castore è infati figlia di Rose, un incrocio di prima generazione, edi Leonida, un Polverara puro).

Bianca, una delle Polverara commerciali dell'harem di Briareo. Foto di Andrea Mangoni.Purtroppo, l'iniziativa di inviare alcune uova a due allevamenti a Frosinone e in Calabria, per formare altri nuclei di riproduzioni, non ha avuto successo: le uova non hanno resistito al lungo trasporto. Chissà se l'anno prossimo potremo fare di meglio, magari con dei pulcini? Nel frattempo, posso solo augurarmi che i mie capi possano ricominciare, la prossima primavera, a dar vita a nuove generazioni di pennuti ciuffati...

Primo piano di Polluce. Notare la cresta a corna bitorzolute e verticali. Foto di Andrea Mangoni.
Il delicato arazzo della facciata posteriore delle ali della Vanessa atalanta. Foto di Andrea Mangoni.

Passeggiando nel mio pollaio, sotto le vigne che ombreggiano i recinti, ci si accorge che i grappoli d'uva scampati alla vendiemmia e... all'appetito delle galline non attirano solo vespe e calabroni. Anche una grossa farfalla dalla vivace livrea nera, rossa e bianca è calamitata dai frutti fermentati. E' la grande e bella atalanta (Vanessa atalanta), uno dei lepidotteri più longevi del nostro Paese: pensate che può superare la bell'età di 9 mesi! Moltissimi pensano infatti che le farfalle vivano solo pochi giorni, ma per molte di esse non è così: l'atalanta ne è un magnifico esempio.

C'è infatti un motivo per cui essa è una delle ultime farfalle a mostrarsi, in autunno: essa trascorre infatti in ibernazione tutto l'inverno, nascondendosi dentro tronchi cavi, dietro i rampicanti, sotto le tegole o nei ripostigli degli attrezzi. In primavera sarà tra le prime a riappèarire, attirata dalle prime fioriture, come quella del salice cenerino o del salicone.

L'atalanta si sviluppa a scapito di una pianta molto comune ed in genere malvista: l'ortica. Ma a differenza dalla parente Inachis io, le cui larve vivono in grandi gruppi, l'atalanta depone le sue uova singolarmente, ed i bruchi neri irti di spine arrotolano le foglie per costruirsi un rifugio che serva contemporaneamente da dispensa e da difesa nei confronti dei predatori. Ma la loro speranza spesso è vana: alcuni piccoli imenotteri parassiti riescono ad arrivare al bruco e a deporre in esso le loro uova. le larve dell'imenottero divorano lentamente il bruco dall'interno, causandone così la morte.

In ogni caso, un buon numero di essi riuscirà a diventare adulto e a continuare questa stirpe di prodi aviatori, in grado di compiere spettacolari migrazioni come alcuni dei loro congeneri.

Per attrarla in giardino, oltre alla classica buddleja, non dimenticate di lasciare qualche frutto un pò troppo maturo in un angolo del giardino: queste farfalle sono infatti ghiotte dei succhi che trasudano dalla frutta fermentata. La fioritura dell'edera, poi, sarà di fondamentale importanza per fornire loro le ultime energie prima dell'ibernazione. E se avete un piccolo spazio inutilizzato e soleggiato, provate a lasciarvi crescere le ortiche liberamente: se è vero che le farfalle sono bellissime, i loro bruchi devono pur mangiare!!

La colorata livrea della Vanessa atalanta. Foto di Andrea Mangoni.
Un cottage garden all'italiana a Cibiana, nel bellunese. Foto di Andrea Mangoni.

Rieccoci a parlare, a distanza di pochi giorni, del cottage garden. Una delle cose più belle di questo tipo di gairdinaggio dovrebbe essere lo spirito col quale affrontarlo: dovrebbe a mio avviso ricordare il modo in cui esso era praticato nel XIX secolo, con buona parte delle piante ottenute a costo zero grazie alla disponibilità di amici e parenti. E ancora, cercando tra le essenze coltivate un tempo dai contadini delle nostre regioni d'origine.

Cottage della Cornovaglia. Foto tratta da http://www.cornishdwellings.co.uk/page005.html.Lasciate che il vostro cottage garden cresca nella via che troverà più opportuna; date alle piante la possibilità di autoseminarsi, ed evitate di estirpare quella digitale nata tra le rudbeckie che vi sembra così strana. L'animo romantico del cottage garden sta anche in questa libertà delle piante di trovare il proprio posto. Una cancellata o un vecchio muretto a secco saranno meravigliosi punti d'appoggio per le vostre fioriture; i rampicanti più delicati potranno esser lasciati liberi di arrampicarsi su qualche albero robusto. E non dimenticatevi aromatiche, frutti di bosco e bacche di ogni genere: farete felici il vostro palato e moltitudini di animali. Guardatevi sempre attorno, quando passate per le vie meno conosciute della vostra città: quante case abbandonate di campagna, quante ville in disuso vedono nei propri giardini gli eredi di quelle piante e di quei fiori coltivati dai proprietari di un tempo?In una vecchia casa di contadini ho trovato quest'anno menta piperita, felci ed una rosa antica; un'altra rosa e dei bulbi di Sternbergia, invece, li ho trovati ai piedi di un vecchio cancello abbandonato sui colli Euganei. Garofanini dei poeti e Sedum vengono da una corte mantovana; i gigli sono invece quelli che coltivava mia nonna, mentre gli Aster sono quelli di un vecchio allevatore di polli. Non parliamo poi della balsamita: proviene per metà da piante regalatemi da Equipaje, e per metà da un cespo coltivato e riprodotto per via vegetativa per duecento anni da una famiglia del padovano! Insomma, un cottage garden può - ma non necessariamente deve - essere anche un giardino della memoria, oltre che un modo per preservare alcuni tipi di piante che le mode tendono a far esiliare dai nostri giardini.

Una vecchia porta avvolta da un glicine. Foto di Andrea MangoniNel mio giardino condominiale, purtroppo, come ho già detto non ho campo completamente libero. Però c'è una piccola aiuola, lungo un confine a nord, di 30 cm x 6 m, che è stata quasi completamente abbandonata. Perciò ho deciso di lavorare su di essa, tappezzando il più possibile con viole il terreno ed intervallandovi tutta una serie di altre piante, dalle fragoline di bosco ai muscari, dai gigli alle margherite. Ho optato per piante tipiche del sottobosco nelle zone quasi sempre in ombra, mentre nelle parti più laterali, ed esposte al sole della matina e del tardo pomeriggio, ho piantato qualche essenza più esigente. Per le viole, oltre a Viola odorata, che cresceva spontanea e che sto semplicemente ripicchettando e trapiantando, ho inserito delle Viola canina provenienti dale mie rive, ed infine ho aggiunto tre varietà di viole antiche, cultivar di V. odorata: la Coeur d'Alsace, la Viola d'Udine e la Conte di Brazzà, queste ultime due a fiore stradoppio. Sono presenti anche piante aromatiche, come ad esempio menta piperita e nepeta, che oltre ad essere utili in cucina hanno delicate fioriture estremamente rigogliose. La nepeta, in particolar modo, sta invadendo ogni spazio libero! Nelle zone in ombra, oltre alle fragoline e alle viole, sono state piantate alcune felci, trovate nel giardino di una casa abbandonata di contadini, ed i bulbi di alcuni gigli (L. martagon e L. bulbiferum), coltivati già da mia nonna. Un'angolo più soleggiato ospita i clerodendri, ed uno esposto a sud est è stato riempito con emerocallidi, Sedum e margherite. Per la prossima primavera prevederei volentieri l'arrivo di alcune rose, e spero di riuscire a riprodurre per talea, finalmente, la Fallopia trovata lungo il muro di una villa e la Lippia citrodora del compianto nonno di mia moglie... Intanto ecco altre dieci tipi di piante secondo me molto adatte per il cottage garden.

  1. Margherite di campo. Foto di Andrea Mangoni.Margherite: tra le spontanee da inserire nel cottage garden, le margherite (Leucanthemum vulgare) sono una scelta tra le più classiche e allo stesso tempo tra le meno utilizzate. Le margherite necessitano di un terreno ben drenato e di una posizione il più possibile soleggiata. In queste condizioni potranno produrre una gran quantità di fiori dalla primavera inoltrata fino ad ottobre, se avremo l'accortezza di rimuovere i fiori vecchi. Si riproducono facilmente da seme, appena finita la fioritura.
  2. Menta piperita. Foto di Andrea Mangoni.Menta: Con le varie specie di menta (Mentha sp.) arriviamo a quel gruppo di piante che unisce alla bellezza anche un utilizzo pratico, proprio come un tempo accadeva nei cottage garden. I vari tipi di menta infatti possono fornire macchie di colore notevolissime al giardino quando sono in fiore: le piccole ed eleganti pannocchie verticali di fiori bianchi, rosati o violacei sono infatti eccellenti per valorizzare un angolino dimenticato; ri autoseminano con facilità, ma si possono moltiplicare anche per talea senza particolari problemi, così come per ripicchettamento dei getti laterali. Inutile parlare adesso dell'uso in cucina; va segnalato però come, nell'ottica del giardino naturale, le infiorescenze della menta richiamino moltissime specie di insetti.
  3. Phlox. Foto di Andrea Mangoni.Phlox: questo genere di fiori, molto amati dalle nostre nonne, comprende tanto specie perenni (come Phlox paniculata, una delle migliori) quanto annuali. Possono essere coltivati in posizione soleggiata, e gradiscono un terreno ricco e ben drenato. La riproduzione avviene principalmente per seme per le specie annuali, mentre per le perenni si possono effettuare talee da far radicare non direttamente nel terreno ma in vaso. Molte varietà possono essere ibridate con successo fra loro; in questo caso varrà la pena procedere prima alla riproduzione da seme, e poi a quella per talea nel caso qualcuna ci piaccia particolarmente.
  4. Radicchio in fiore. Foto di Andrea Mangoni.Radicchio: L'idea di coltivare cicoria o radicchio in giardino potrebbe sembrare quantomeno strampalata... ma quanti hanno visto in tutta la sua delicatezza e bellezza il fiore di queste piante? Può superare il metro di altezza, e produce un delicato intreccio simile a un complesso candelabro sottile adorno di fiorellini azzurri. E oltre alla sua bellezza, vogliamo o no restare un po' nello spirito del cottage garden, quando ortaggi e verdure erano coltivate spalla a spalla coi fiori? Molte varietà hanno foglie estremamente decorative, senza contare la felicità di innumerevoli animaletti che saranno ben lieti di approfittarne... lasciate almeno una quindicina di cm tra una pianta e l'altra, e sistemateli simmetricamente, magari lungo una linea curva. Vale la pena osservarne la crescita al momento della fioritura.
  5. Rose antiche. Foto di Andrea Mangoni.Rose antiche: le rose rappresentano per molti le vere regine di ogni giardino. Ma mentre negli anni si sono affermate sempre più le tante varietà rifiorenti, per il cottage garden sarebbero da rivalutare le rose antiche o quelle botaniche. Il fascino di una rosa che fiorisce una volta l'anno può essere enorme: c'è l'attesa, l'attesa per pochi giorni di meraviglia. Nessuna tra le rifiorenti che ho trovato ha lo stesso profumo di alcune rose damascene che ho avuto la fortuna di ammirare. Selezionate per dare il meglio di sè in poco tempo, queste varietà avevano fragranze inimitabili. Moltiplicatele per talea a fine estate o verso febbraio; in alcuni casi potrete approfittare anche dei polloni. Cercate le varietà rampicanti e sarmentose, saranno perfette per abbellire un pozzo o il muro di una casa.
  6. Rudbeckie. Foto di Andrea Mangoni.Rudbeckia: queste asteracee americane sono divenute molto comuni anche nei nostri giardini. I fiori, presenti sulla pianta da estate ad autunno inoltrato, possono raggiungere un diametro di 10 cm. Eliminandoli mano a mano che appassiscono, così come per altre specie, si possono ottenere fioriture più prolungate. Raggiungono un'altezza di un metro, gradiscono terreni ricchi ed espozioni in pieno sole.
  7. Salvia pratensis. Foto di Andrea MangoniSalvia: il grande gruppo delle salvie comprende parecchie specie sia perenni che annuali, molte delle quali coltivate come ornamentali. Hanno lunghe spighe di fiori che a seconda della varietà possono essere blu, viola, rosa, rossi, bianchi, ecc... La Salvia officinalis, la comune salvia commestibile, è una perenne che offre al giardiniere diversi spunti: infatti, oltre ad essere apprezzata in cucina le sue foglie grigio-verdi sono molto decorative, e el sue infiorescenze rosate seppur non spettacolari come quelle di altre congeneri sono davvero belle. Amano un terreno arricchito di compost e ben drenato; se il giardino riceve il sole per almeno 6-7 ore al giorno mostrano il meglio di sè. Le specie annuali si autoseminano facilmente; per le altre si può provvedere a moltiplicarle per talea o margotta.
  8. Sedum: il Sedum spectabile è un'altra delle piante delle vecchie corti delle nonne. Questa pianta, che forma fitte ombrelle rotonde di fiorellini stellati rosa, fiorisce a seconda della varietà da estate inoltrata fino a tardo autunno. Attrae molto le farfalle, e questo la rende un'eccellente essenza per un giardino naturale. D'inverno tende a scomparire, per poi tornare a vegetare in primavera. Vi sono parecchie varietà che differiscono per il colore e la dimensione dei fiori. Si riproduce facilmente per talea.
  9. Timo in fiore. Foto tratta da http://www.wikipedia.org.Timo: Il timo, oltre ad essere una meravigliosa aromatica dalle proprietà antibatteriche, può essere anche una splendida tappezzante per i giardini rocciosi. Tra la primavera e l'estate si ricopre di piccoli fiorellini azzurri. Ne esistono molte varietà, tutte facilmente riproducibili per talea o divisione dei cespi, e gradiscono un terreno ben drenato ed una posizione soleggiata.
  10. Zinnie in fiore. Foto di Andrea Mangoni.Zinnie: Le zinnie sono annuali provenienti dal Messico, che formano cespugli compatti di fiori multicolori. Non è raro infatti che una stessa pianta produca fiori di più tonalità differenti. Esistono sia zinnie che raggiungono il metro che zinnie che rimangono basse, fino a 30 cm. Togliendo i fiori mano a mano che appassiscono, prolungherete la fioritura. Alla fine dell'autunno raccogliete i semi dalle ultime infiorescenze, per poterle riseminare l'anno successivo in tarda primavera.

Ottimi punti per iniziare possono essere il forum della Compagnia del Giardinaggio (la loro iniziativa di scambio semi sta per ripartire anche quast'anno!!), e soprattutto il sito della Cottage Garden Society, inglese: è incredibile il tipo di associazionismo che ruota attorno a questo modo di far giardino nel suo Paese d'origine!

E con questo, per ora l'argomento cottage garden è chiuso... ma varrà di sicuro la pena tornarci sopra più avanti. Alla prossima!!

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La foto del cottage della Cornovaglia è stata presa da http://www.cornishdwellings.co.uk/page005.html.

La foto del timo in fiore è tratta da http://www.wikipedia.org/.

Un Cottage Garden Inglese. Foto tratta da http://rosesingardens.blogspot.com.
A volte capita, sfogliando una rivista, di restare incantati davanti ad un'immagine. A me ultimamente è capitato con una foto che ritraeva un cottage garden: un'armonia composita ammantata dal fascino di un lieve - e mendace - disordine, chiazze di colore in ordine sparso che si fondono tra loro armonizzando contrasti cromatici apparentemente poco leali in un unico arazzo multiforme e bellissimo. Così ho cercato altre immagini, e mano a mano che le trovavo mi accorgevo che avevano tutte la capacità di evocare potentemente l'immagine della campagna inglese, più di mille parole, anche quando le piante ospitate di inglese avevano ben poco. Era come se vi aleggiasse un medesimo spirito, uno spirito più cromatico o figurativo che botanico. E - ai miei occhi - assolutamente intrigante.
Un cottage garden inglese. Foto tratta da http://www.finegardening.com.L'anima del cottage garden nasce in basso tra le case dei vecchi contadini inglesi, nella mancanza di spazio che obbligava a coltivare i fiori accanto alle verdure, le aromatiche ai piedi dei rampicanti; era l'arte del non sprecare, e allo stesso tempo il desiderio prorompente di avere qualcosa di profondamente bello, oltre che utile. I fiori erano intercalati agli ortaggi, le varie specie riunite in gruppi e sistemate le une accanto alle altre con audace sprezzo di ogni teoria cromatica. E spesso ogni pianta era il pezzetto del giardino di un'amico o di un conoscente: la talea presa dalla vicina di casa, i semi di una cugina, l'alberello da frutto nato nell'orto di una parente... La cosa più simile ad un cottage garden all'inglese che ho visto in Italiaerano alcuni giardini del Cadore, nel bellunese, in cui l'erba non trovava il minimo spazio e tutto era trasformato in un insieme di aiuole fiorite ignobilmente sgargianti. E - sempre nello spirito del vero cottage garden - tra un filare di Phlox e l'aiuola delle Rudbeckie, ecco una "gombina" di insalata o una fila di carote. Assolutamente meraviglioso.
Il cottage garden è un piacere che va assaporato nel tempo, perchè ci possono volere alcuni anni affinchè mostri il massimo del suo splendore: alcune specie sono infatti biennali o perenni che non fioriscono l'anno della loro semina, ma solo quello successivo. Una buona preparazione del terreno, magari con l'aggiunta di un po' di letame maturo, ed una esposizione che garantisca 5-6 ore di sole al giorno sembrano essere fattori importanti per la riuscita del giardino in stile "cottage garden". Semine, potature, concimazioni, tutto va affrontato giorno per giorno; un vecchio consiglio era quello di acquistare per ogni specie un numero sempre dispari di esemplari, dai 3 in su, e di raggrupparli per formare chiazze di colore. Rampicanti e rose sarmentose andrebbero fatti crescere sui muri e sulle recinzioni, e - perchè no? - una bella idea potrebbe essere quella di offrire a queste "scalatrici" il tronco di un vecchio ulivo o di un albero da frutto, per portare sempre più in alto i propri fiori.
Per cominciare, ecco un elenco di 10 piante adatte ad un Cottage Garden; in un secondo post parlerò di altre 10 di loro. A presto!
  1. Achillea filipendulina coronation gold. Foto di Andrea Mangoni.Achillea "Coronation Gold": cugina della nostra spontanea Achillea millefolium, Achillea filipendulina "Coronation Gold" è uno dei classici moderni dei cottage garden. Può crescere parecchio e diventare alta fino ad un metro, per cui si presta ottimamente a fare da sfondo a piante più basse. Fiorisce in estate, tra giugno ed agosto, e sfoggia magnifici corimbi di piccoli fiori di un giallo intenso. Le foglie finemente laciniate, di colore verde-grigiastro, sono molto decorative. E' anche un'ottima attrattiva per molti tipi di farfalle, come ad esempio i licenidi. Si può moltiplicare per divisione dei cespi.
  2. Aster o settembrini. Foto di Andrea Mangoni.Aster: gli aster o settembrini sono un po' i classici "fiori della nonna", quelli che nei giardini di campagna non mancavano mai. Come tanti soldatini, da settembre ad ottobre illuminavano di rosa, viola e bianco le recinzioni e gli angoli degli orti. Si possono moltiplicare tanto per talea erbacea quanto per divisione dei cespi. Molto importanti nei giardini naturali perchè sono tra gli ultimi fiori ad attrarre e nutrire gli insetti pronubi prima dell'autunno. Ve ne sono molte varietà, alcune alte anche un metro, altre che formano cespugli bassi.
  3. Buddleja. Foto di Andrea Mangoni.Buddleja davidii: l'albero delle farfalle, uno dei cespugli di cui più ho parlato in passato. Ebbene, continuerò a parlarne perchè si amalgama perfettamente con le piante tipiche del cottage garden. Le sue lunghe e profumatissime pannocchie colorate, che variano dal lilla al bianco, dal violetto al blu scuro, se regolarmente asportate quando secche si rinnovano sulla pianta facendola fiorire fino a settembre-ottobre. Si possono scegliere le varietà più basse, come la nanho blu, o quelle tradizionali che possono raggiungere i 3-4 metri di altezza. Si può riprodurre per talea a metà estate.
  4. Caprifoglio. Foto di Andrea Mangoni.Caprifoglio: i vari rappresentanti del genere Lonicera, coi loro fiori aggraziati e inconsueti, sono piante spettacolari per il cottage garden. Danno spesso il meglio di se se piantati, come si diceva una volta, con "i piedi all'ombra e la testa al sole": vale cioè la pena pensare di piantare questi rampicanti con le radici protette ma a nord, e con la chioma che possa godere dei benefici raggi del sole. Adatte a quasi tutti i terreni, spesso in fiore da primavera ad autunno inoltrato, inebriano le notti estive col loro profumo intensissimo che attrae falene ed altri insetti notturni. Per riprodurli si possono usare delle talee o fare margotte dei rami più bassi. Esistono anche specie cespugliose, meglio propagabili da seme. Non fateli arrampicare sugli alberi, rischierebbero di soffocarli col loro sviluppo impetuoso!
  5. Clematidi. Foto di Andrea Mangoni.Clematidi: Le Clematis formano un gruppo di magnifici rampicanti; molte specie possono produrre fiori grandi e spettacolari, con un diametro anche di 15 cm e dai colori che variano tra il rosa ed il viola, passando per il bianco ed il rosso. Necessita di un substrato soffice e fresco, ricco di humus e ben drenato. Sono magnifiche da far arrampicare lungo il muro di una vecchia casa di campagna o sopra un arco o un pozzo, in giardino. La loro collocazione ideale è a est o a ovest. Alcune specie si possono anche riprodurre da talea. Tra le piante autoctone italiane troviamo C. vitalba e C. viticella, entrambe molto robuste e quasi invasive.
  6. Digitale. Foto tratta da http://www.wikipedia.org.Digitale: le digitali (Digitalis sp.) sono tipiche piante di bosco mutuate al cottage garden, che possono arricchire con la loro struttura verticale assolutamente meravigliosa. I grappoli di fiori a forma di ditale attraggono api ed altri pronubi; le piante si moltiplicano da seme a fine estate, ma in pratica si autoseminano da sole in giardino. Sono biennali: dopo il primo anno passato ad accrescersi, il secondo anno fioriscono per poi morire. Occorre fare molta attenzione nel maneggiarle: sono infatti piante VELENOSE. Prosperano bene in terreni sciolti, ben drenati e leggermente acidi; se coltivate in climi molto caldi, riescono meglio se sistemate all'ombra.
  7. Echinacea. Foto di Andrea Mangoni.Echinacea purpurea: l'echinacea è un'asteracea americana che si adatta perfettamente alle suggestioni del cottage garden. Può superare il metro d'altezza e preferisce terreni ricchi e freschi, ben irrigati. Si può riprodurre tanto per divisione dei cespi quanto per seme. In quest'ultimo caso, meglio far passare l'inverno al freddo ai semi, per poi immergerli in acqua tiepida alcune ore per favorirne la germinazione. E' utilizzata in farmacopea per le sue molte proprietà, come quella immunostimolante. Fiorisce per tutta l'estate e fino ad autunno inoltrato.
  8. Garofanino dei poeti. Foto di Andrea MangoniGarofanino dei poeti: i Dianthus barbatus, o garofanini dei poeti, sono un'altro di quei fiori che venivano trasmessi quasi di madre in figlia nelle nostre campagne. Possono essere di vari colori, dal rosso al bianco, e presentare belle screziature. Formano cespugli bassi di 20-30 cm d'altezza, che in primavera producono mazzolini di fiori piccoli dai petali coi bordi frastagliati. Sono biennali che fioriscono il secondo anno dalla semina, come le digitali; i semi vanno raccolti agli inizi dell'estate quando i fiori sono ben secchi, e seminati in primavera. Sono piante piuttosto resistenti che necessitano di poche cure e gradiscono una buona illuminazione. I semi non sempre danno vita a piante dello stesso colore di quelle che li hanno generati, per cui se volete provare a mantenere pura una colorazione dovreste tentare la moltiplicazione per talea.
  9. Gigli: i gigli sono delle piante magnifiche in grado di dare verticalità ai nostri giardini con le loro forme eleganti che in molti casi ricordano degli strani candelabri barocchi. Alcune specie si riproducono tramite bulbilli presenti all'ascella dell'inserzione fogliare; altri possono essere moltiplicati staccando alcune delle squame che compongono i loro bulbi, e mettendole frammiste a sabbia umida in un contenitore plastico trasparente posto all'ombra: dopo alcuni mesi si formeranno alla base delle squame nuovi bulbilli. Gradiscono suoli freschi e ben drenati, e danno il meglio di sè se coltivati in posizione di mezz'ombra.
  10. Lavanda. Foto di Andrea Mangoni.Lavanda: Ecco un'altra pianta di cui si è già parlato. La lavanda è un cespuglio che può dare enormi soddisfazioni, per il suo intenso profumo e per l'esuberante fioritura. Le differenti specie e varietà possono aiutare per formare macchie di colore e dimensioni differenti. Risentono spesso del passaggio da coltivazione in vaso a coltivazione in piena terra, per cui fate attenzione al momento del trapianto. Gradiscono terreni ben drenati, e si possono moltiplicare per talea a fine estate.
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    LETTURE CONSIGLIATE

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    Le prime due immagini sono state prese rispettivamente dai siti: http://rosesingardens.blogspot.com/ e http://www.finegardening.com/ .
    La foto della digitale è stata presa da http://www.wikipedia.org/.
    Un pulcino nato in una stagione sfavorevole dell'anno: ce la farà? Foto di Andrea Mangoni.
    L'anno scorso, in luglio, ero particolarmente felice per la nascita di due Polverara cui tenevo molto, per via delle loro ascendenze. All'inizio pensai che fossero solo un po' piccini, ma che sarebbero diventati più belli e forti con l'età. Ma alla fine dell'estate dovetti ricredermi: i pulcini erano due veri e propri nani. Eppure i genitori erano di taglia abbastanza buona, per non parlare dei nonni, e non erano nemmeno troppo inincrociati... ma allora, cos'era successo??
    Semplice: avevo trascurato il fattore "stagione". Stavo comprendendo appieno, sulla mia pelle, perchè tutti i vecchi allevatori mi dicessero che era necessario far nascere i pulcini entro marzo: in pratica, i piccoli nati nei primi mesi dell'anno godevano di un clima mite nei primissimi periodi dello sviluppo, oltre che di un fotoperiodo che andava via via allungandosi e che quindi ne aiutava e favoriva la crescita. Inoltre capii un'altra cosa: avevo trascurato troppo la loro gabbia. In pratica, avevo lasciato per troppo tempo che i loro escrementi e quelli della chioccia si accumulassero sotto la gabbia. Può sembrare una sciocchezza, ma non è così: i vapori che si formano da un eccesso di escrementi tendono a inibire la crescita degli animali, con conseguente diminuzione della taglia adulta. Certo avevo una scusante per il mio poco impegno (un bell'incidente che mi aveva causato una diffrazione al malleolo), ma il risultato era il medesimo: due pulcini che al posto di essere grandi e forti erano dei veri e propri Polverara "bonsai". Così, quando in settembre ebbi la schiusa dell'ultima covata di Polverara dell'anno, misi a punto un semplice trucco che, ripetuto anche quest'anno, ha dato ottimi risultati.
    Quindi, riassumendo, i fattori che possono impedire un corretto sviluppo nei pulcini nati in estate ed autunno sono i seguenti:
    1. Accumulo delle feci, con conseguenti esalazioni che possono bloccare la crescita;
    2. fotoperiodo sfavorevole, con la luce del giorno che tende a decrescere proprio quando i pulcini hanno bisogno di svilupparsi al meglio;
    3. temperatura poco adatta, troppo elevata (luglio-agosto) o troppo bassa (ottobre-novembre).
    Ebbene, tutto quello che rimane da fare è eliminare, minimizzare o contrastare i singoli punti. Innanzitutto, in queste situazione l'allevamento libero dei pulcini con la chioccia è da sconsigliare. Meglio riservare ad ogni mamma coi suoi piccoli una gabbia di dimensioni adeguate. Per una chiocchia con dodici pulcini può andar bene una superficie di circa un metro quadrato; dopo un mese, quando inizieremo ad allontanare la gallina, la stessa gabbia potrà servire per un altro mese - mese e mezzo per ospitare la dozzina di pollastrelli. La gabbia sarà fatta di rete di maglie di circa 1 cm di lato, in maniera da impedire l'accesso ai topi, e sollevata dal terreno di 30-50 cm; io consiglio di ricoprirne il fondo con dei cartoni, che formino anche una sorta di bassa barriera sui lati, e di metterci quindi dentro uno strato di circa 3-5 cm di trucioli depolverati da lettiera. Nella gabbia metteremo due mattoni con sopra l'abbeveratoio, avendo cura che i pulcini possano arrivarvi, ed una buona mangiatoia, a sifone o a tramoggia. Una cassettina con della paglia pulita farà felice la nostra chioccia. Per assicurare una adeguata pulizia, la lettiera in truciolo andrà cambiata settimanalmente, o anche più spesso se necessario. Molti tengono gli animali in gabbie senza substrato, solo con la rete, mettendo magari il truciolo SOTTO la gabbia. E' la stessa cosa, certo, ma se si ha il problema dei topi o peggio dei ratti il fondo in rete non impedirà che i roditori vi facciano fuori i pulcini attraverso le maglie della gabbia!!
    Secondo punto: il fotoperiodo. Anche questo punto può essere aggirato abbastanza facilmente: bastano una lampadina a basso consumo ed un timer. Infatti si può regolare senza troppe difficoltà il timer affinchè accenda la lampadina dalle 4.00 alle 8.00 del mattino , in maniera da compensare la diminuzione serale del fotoperiodo. La lampada va fatta accendere al mattino, non alla sera, per evitare che al suo spegnimento i pulcini si ritrovino al buio e spaesati.
    Da ultimo, la temperatura. In estate potete provare ad ospitare le gabbie coi pulcini in locali orientati a nord, mentre in inverno locali chiusi ed esposti a sud potrebbero esservi di grande aiuto. Nel caso i pulcini autunnali vi siano nati da incubatrice, e quindi non disponiate di chiocce, sarà il caso di mettere una semplcie lampadina riscaldante al di sopra della gabbia per almeno il primo mese. Potrà accadere però di non poter evitare che le temperature siano sfavorevoli. In questi casi, per compensare il minor tasso di crescita degli animali dovuto alla temperatura, dovremo utilizzare una tecnica purtroppo mutuata dai capannoni di allevamento: mantenere cioè la luce sempre accesa. Se infatti la luce rimane accesa, gli animali dormiranno meno e mangeranno di più, contrastando così il deperimento dovuto al periodo sfavorevole dell'anno. Questo non è il modo che preferisco per crescere dei pulcini, ma piuttosto che condannarli ad una vita da "nanetti" in un mondo (quello del pollaio) ricco di "giganti" fin troppo competitivi e per loro pericolosi, sono ben disposto ad utilizzarlo. L'importante è che non si protragga troppo nel tempo: a due mesi di vita gli animali dovranno essere spostati in gabbie più grandi in maniera da destinare almeno un metro quandro ogni 5-6 capi, mentre a 3 mesi gli animali dovranno essere abituati gradualmente alla notte e potranno cominciare ad essere introdotti nel gruppo di adulti riproduttori. Con questo sistema i famosi pulcini settembrini sono cresciuti e diventati grandi e forti, come possono dimostrare Pippo e Gigia, senza mostrare alcun problema dovuto alla crescita con luce prolungata. Il successivo allevamento di tipo biologico - all'aperto ha garantito loro uno sviluppo psicofisico eccellente. Insomma, un valido aiuto per chi si ritrova ad allevare pulcini in momenti sfavorevoli dell'anno.

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    AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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    Una covata invernale di pulcini. Foto di Andrea Mangoni.

    Accidenti! Me ne stavo tranquillo a sguardazzare qualche blog in un momento di pausa dalla scrittura, e guardando Fili di Paglia cosa ti vedo? Equipaje è riuscita a tirarmi in ballo!! Mi ha nominato per un Honest Scrap! In pratica, il nominato (io) deve dare 10 notizie più o meno inedite che lo riguardino, e poi nominare altri 10 sfig... ehhmm... amici o conoscenti che possano aver voglia di fare lo stesso!

    Ok, gente, e allora si balla! Via con le risposte al buon vecchio Honest Scrap!

    1. A fronte di centinaia di altri animali, ho avuto tra i miei compagni di viaggio solo 5 cani. Gli ultimi due sono ancora con me, i miei amati botoli... o meglio sono a casa dei miei: la vita d'appartamento non farebbe per loro. E tra poco arriverà una cagnolina altrettanto meravigliosa!
    2. In una notte estiva cadorina, in pieno delirio orgiastico-cibariesco, al termine di una pizzata (e patatine fritte) con gli amici mangiai in gelateria 9 palline di gelato (limone e cioccolato i gusti); quindi finimmo la serata in pasticceria, dove chiedemmo del profiterol al cioccolato. Ci risposero che non potevano darcelo perchè ne avevano solo uno intero congelato, e non potevano scongelarcelo per sole quattro porzioni. Stolto il cameriere! Al che la domanda fu: "Quante palline di profiterol sono?" "30", rispose il malcapitato. "Bene, lo scongeli e ne faccia 4 parti. A mangiarlo ci pensiamo noi". E vi pensammo. Così, prima di mezzanotte, ingurgitai anche 7 palline e mezza di profiterol, oltre a tutto il resto. Beata gioventù! Lo facessi adesso, sarei in coma in dieci nanosecondi.
    3. La prima attività remunerata fu una rivelazione: disegnatore di tatuaggi per uno studio di tatuatrici. Loro ti davano i disegni originali, tu li (ri)disegnavi ingranditi e loro ti davano un rimborso spese. Fantastica la mise delle estetiste-tatuatrici: calze a rete, tacco del dodici e camice bianco che appena appena copriva la zona glutei. Enorme fu la quantità di domande relativa alla natura umana che mi feci all'epoca: perchè mai una donna dal corpo perfetto e bellissimo dovrebbe chiedermi di disegnarle, per tatuarselo sul seno, un maiale rampante che cavalca una tartaruga col guscio fracassato, visti da davanti, con il maiale che impugna con una zampa un candelotto di dinamite e con l'altra un boccale di birra grondante schiuma? E' un mistero che non risolsi mai (ma giuro che ho dovuto soddisfare quella richiesta davvero!!!).
    4. Ho collezionato fumetti dall'infanzia alle elementari, fino ai 10 anni, quindi ho avuto una pausa di riflessione per 4 anni, e dall'adolescenza in poi ho ripreso senza mai fermarmi. Attualmente seguo Dampyr, Steel ball Run, The Lost Canvas e Berserk. Tra i mie preferiti in assoluto Hokuto no ken, Sant Seiya, Dylan Dog, Paperinik e Ghost Rider.
    5. Cibi preferiti in ordine sparso: cioccolato, nutella, patate fritte, arachidi salate, tonno in scatola, pomodori, pizza, crostata alla frutta, fragole, pesche, pop corn, mandarini.
    6. Ho impiegato due anni per passare l'esame di fisica a Biologia, uno degli incubi di quel periodo in quella facoltà; superai alla fine lo scritto con 21 (votazioni di quell'esame: un 21 (il mio), due 18, altre 56 persone insufficienti). All'orale un assistente innocente mi chiese come mai avessi preso un voto così basso allo scritto, visto che ero stato il migliore della mattinata. Fu solo a causa della sua evidente vacuità intellettiva che riuscii a trattenermi dallo strappargli a morsi le orecchie. In compenso, riuscii a preparare l'ultimo esame, Chimica Organica, in meno di due settimane... cosa per cui molti ancora mi detestano. e anche la mia tesi fu terminata, scritta e stampata in meno di 15 giorni.
    7. La mia favola preferita? Il brutto anatroccolo. Sono sempre stato convinto che fosse stata scritta per me. E ci credo ancora. Alla fine anch'io come lui ho trovato il mio Inverno, avvolgente come una copertina (mia moglie!), che mi ha trasformato in cigno. Oddio, un cigno un po' panzutiello, ma pur sempre un cigno. Credo. O comunque in una altro bell'anatide.
    8. Ho praticato nuoto, sci e palestra, ma nessuno sport è riuscito a farmi dimagrire come l'aver fatto parte della compagnia teatrale LuceSoffusa, con cui ho portato in scena il musical Jesus Christ Superstar!
    9. In viaggio, io e Roberta riportiamo a casa - sempre se possibile, e nel totale rispetto delle leggi, sia chiaro! - qualche seme o qualche talea da piantare, che possa diventare ricordo vivente delle nostre avventure. Rose, iris, graminacee, salici e violette: tutto il nostro giardino può esser letto come un diario di viaggio.
    10. E il gran finale... Ad aprile, a Dio piacendo, io e Roberta diventeremo papà e mamma.

    ...Lo so, l'ultima notizia annichilisce un po' tutte le altre... Ma potevo non darla, in quest'occasione??

    E chi possiamo chiamare al prossimo Honest Scrap? Equi è fuori, Giam è già stato nominato... vediamo... diciamo che mi piacerebbe - ma non so quanto sarà possibile - avere notizie di:

    E con questo credo d'aver finito. Al prossimo post!